UNA GENERAZIONE SOSPESA: IL VUOTO DOPO LE IDEOLOGIE

Un'analisi lucida e disillusa della condizione generazionale contemporanea, smarrita tra la fine delle ideologie, l’assenza di figure guida e un presente privo di linguaggio comune. Un grido silenzioso, senza risposte.

PENSIERO CRITICOFILOSOFIA CONTEMPORANEA

Gaetano Nigito

5/10/20252 min leggere

Siamo in transizione. Siamo in una transizione che non è semplice passaggio da un modello ad un altro, ma uno smarrimento generalistico della coscienza collettiva. La generazione attuale, con tale intendendosi quell’ampia fetta di individui strettamente coinvolta nei dolorosi crampi sociali e che è in grado - prima di tutti - di rendersi conto dei cambiamenti in atto, si trova immersa in un panorama ideologico desolato.

Le ideologie, che fino a qualche tempo fa erano l’impalcatura del mondo, oggi sono polvere. Il socialismo reale è defunto, il liberalismo si è tramutato in una caricatura mercatista senza tensione all’etica, il conservatorismo è divenuto sterile nostalgia. Tutto ciò che una volta muoveva le masse, infiammava le piazze e ispirava le rivoluzioni, oggi appare come un ricordo sbiadito, o peggio, come materia di scherno. L’uomo post-ideologico è l’essere incapace di dare senso al proprio tempo essendo privo di qualsiasi vincolo collettivo.

In nome dell’autonomia, abbiamo distrutto ogni forma di appartenenza. La fine delle ideologie ha significato anche la fine di un orizzonte condiviso.

L’individuo, ontologicamente, per dato di natura immutabile (ci si deve rassegnare a questo), non può vivere senza fede, che essa sia in Dio, nella Storia o nella Giustizia; la fede è il collante dei popoli, delle comunità, di tutte le forme di vivere sociale organizzato.

Questa condizione è aggravata da un’altra assenza: quella delle figure guida. Se il Novecento ci ha dato i Gramsci, i Pasolini, i Berlinguer, oggi la scena politica è popolata da tecnocrati senz’anima, influencer travestiti da leader, funzionari del consenso. La politica è stata privata di spessore filosofico e la conseguenza è il disincanto, la ritirata dei migliori, la fuga dei giovani dal novero degli stakeholder della res pubblica.

Il pericolo più grande è, quindi, che nessuno abbia più voglia di combattere, di credere, di inventare e, di conseguenza, di inventarsi. Eppure, sotto la crosta dell’indifferenza, c’è un’inquietudine diffusa, manca, però, un linguaggio capace di unificare le istanze a cui il tessuto sociale vuole dare voce.

Il presente articolo, a differenze di quello che probabilmente si aspettano lettrici e lettori, non ha nessuna soluzione in risposta ai problemi sopra presentati. Questo articolo è solo una codarda e vigliacca lamentela frutto di una resa personalissima di chi scrive.

Di sicuro, però, senza padri e senza idee, resteremo una generazione sospesa, in attesa di un’epoca che forse non verrà mai.